Del panno giuratorio esposto nella Cattadrale, sopra gli
antichi stalli lignei riservati agli amministratori comunali ed eseguiti da
anonimo ebanista nel 1749, si è espressa recentemente la dott.ssa Elvira
D’Amico, storica dell’arte nonché dirigente presso la Sovrintendenza di
Palermo, descrivendo l’elegante coltre - da qualche storico locale datata al
Settecento - nell’ambito di un saggio apparso nel n. 6 (dicembre 2012) della
rivista dell’Osservatorio delle Arti Decorative in Italia (Oadi) “Maria
Accascina”. Eccone un estratto: «alla cattedrale luciese si conserva ancora in
discreto stato conservativo un panno in velluto cremisi con l’aquila reale
borbonica e ai lati entro due scudi le figure dei santi protettori, ricamati a
riporto. Il drappo (…) testimonia (…)
simbolicamente, nell’importante centro demaniale ed ecclesiale dell’entroterra
milazzese, la stretta connessione tra i massimi poteri del tempo».
Il drappo si presenta oggi con non poche lacerazioni che
interessano tanto la cornice quanto le figure, non consentendo così di
decifrare con certezza quelle ai lati dell’aquila reale, che sembrano riferirsi
alle sante Agata e Lucia. Un inedito documento d’archivio, rinvenuto
nell’Archivio Storico comunale dall’amico prof. Franco Biviano, che si
ringrazia per la cortese segnalazione, consente adesso di saperne di più su
questa pregevole testimonianza artistica. Si tratta di un preventivo di spesa,
redatto dal «maestro sartore» luciese Paolo Leo, che si riferisce proprio al
manufatto della Cattedrale. Ne fanno fede infatti tanto il colore quanto il richiamo alla
cornice ed alla raffigurazione dello stemma reale, sebbene manchi quello alle
sante protettrici. Eccone la trascrizione:
«Dice e riferisce esso
relatore sartore (…) qualmente per farsi una cultra che serve di spallera al
banco giuratorio vi abbisogna l’infrascritta spesa cioè:
- per canni otto di
velluto cremisi di seta ad onze tre et tarì 20 canna sono, onze 29.26;
- eppiù per fotera
tela canni setti a tarì 6 canna sono, onze 1.12;
- eppiù per roccamo
per lo stemma reale, onze 4;
- eppiù per roccamo
attorno alla sudetta cultra, onze 3;
- maestria e seta,
onze 1.
In tutto, onze 39.8»
(Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Libro degli Atti dei Giurati, anno
1790/95, f 340r).
Cenni sulla coltre della Cattedrale – opera dell’artigianato
luciese realizzata dunque nel 1791 - sono contenuti anche in un altro documento
d’archivio (stesso volume di cui sopra, ff. 1.179 e segg), da cui si evince che
in data 18 giugno 1791
gli amministratori comunali don Giuseppe Galluppi, don Silvestro Pulejo, don
Giovanni Sisilli e don Francesco Cocuzza Cuzzaniti inoltrarono istanza al
vicerè Principe di Caramanico al fine di poter stanziare 41 onze e 12 tarì «per
la formazione del Panno Giuratorio, avendosi l’antico fatto lacero». La
risposta viceregia giunse il successivo 4 agosto, con un dispaccio in cui si
ordinava l’acquisizione di un nuovo preventivo più economico, prevedendo
altresì la vendita della vecchia coltre, «per ricavarsi qualche somma in
vantaggio dell’Università (Comune, ndr)». I suddetti amministratori comunali (cosiddetti
giurati) diedero dunque seguito al dispaccio viceregio e, di comune accordo col
sindaco don Filippo Neri Impò e col regio pro conservatore don Vincenzo
Schepisi Cocuzza, richiesero al sarto luciese Paolo Leo il preventivo di spesa di
cui sopra, che ascendeva a poco meno di 40 onze, ricevendo così il placet del
Principe di Caramanico. Non riuscirono però a collocare il vecchio panno
giuratorio, rimasto invenduto. Così avrebbero scritto all’autorità viceregia nel
novembre 1791: «abbiam procurato di vendersi il vecchio, ma siccome non fu
ricercato da niuno, così abbiam pensato, se l’Eccellenza Vostra lo giudica, di
situarlo nella Casa Giuratoria per spalliera deì due ritratti de’ nostri
Sovrani (Dio Guardi)». Una proposta che fu accolta dal vicerè.
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