Supplemento culturale di Oggimilazzo.it, giornale on-line registrato presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto n.77/2012 - Direttore responsabile: Rossana Franzone

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«Si custodiscono - rilegati in pergamena ma ancora in disordine e in pericolo di rapido deterioramento - importanti collezioni di documenti e manoscritti della più remota antichità, la più parte concernenti le varie attività amministrative: Corte Civile, Corte Giuratoria e "Insinue", cioè registrazioni di Atti notarili. Particolare interesse presentano i 12 volumi (più volte citati) della "Giuliana" del Notaro Parisi il quale, con pazienza certosina, vi sunteggiò - intorno al 1750 - gli Atti più importanti degli antichi Notari; le "Scritture" di D. Marco Cocuzza e il "Libro del Sindaco" con trascrizione di documenti preziosi. Tanta documentazione storica è stata finora pressocché ignorata dagli studiosi, e non soltanto da essi. Ci auguriamo che questo materiale, organicamente ordinato, possa costituire fonte di studio e di consultazione, divenendo nucleo prezioso di una civica biblioteca che non dovrebbe mancare in una cittadina di così splendide origini» (P. Giovanni Parisi T.O.R., S. Lucia e il "Melan" nel mito e nella storia, Tip. "S. Cuore", S. Lucia del Mela 1973, pagg. 385-386).

martedì 4 dicembre 2012

Il culto di S. Barbara a S. Lucia del Mela




Si venerava dalle monache nell’antica Badia oggi non più esistente. Nel febbraio 1621 gli amministratori comunali emettevano il seguente mandato di pagamento col quale erogavano un'onza di contributo per consentire l'acquisto della "imagine di Santa Barbara", il cui costo totale ammontava a 12 onze.


(a cura di Santo Arizzi e Massimo Tricamo)

Die primo februarij IV Ind. 1621

Noi giurati di questa Università di Santa Lucia dicemo et ordinamo a voi Francesco Cucuza thesoriero di essa che dello denaro pervenuto et da perveniri in vostro potere pagati a don Bernardino Miluni procuratore del monasterio di S.to Antonino di donne li quali ci li damo per aiuto et subsidio di haversi accattato la imagine di Santa Barbara la quali immagine si accattao da unzi dudici e la sopra detta onzi 1 è per aiuto et subsidio come dicimo di somma e per esseri fatti boni in vostri conti da essa recevereti atto publico di confessioni dicimo, onze una.

Don Gioseppi Pagano sindaco
Iacopo Sibilla
Paolo Guidotti
Vitturino Patti

[Archivio Comunale di S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, 1618-1621 vol. 3, f. 813v]

domenica 25 novembre 2012

Jacopo del Duca menzionato dalla "Giuliana Parisi" nel 1596


Un atto notarile di cui ci è giunto un breve sunto - grazie alla meritoria opera di Giuseppe Parisi, che intorno alla metà del Settecento sunteggiò con certosina pazienza gli atti dei notai defunti - consente di saperne di più sul rapporto che legava Jacopo Del Duca a S. Lucia del Mela. Nel 1596 l’allievo di Michelangelo coadiuvò i soggetti preposti alla gestione dei cantieri delle fortificazioni luciesi (i cosiddetti “deputati delle fabbriche”) nella scelta, eseguita unitamente agli amministratori comunali (giurati), di uno scalpellino cui sarebbe stata affidata la stima di «pietre di qualsivoglia spezie». Il documento attesta dunque la presenza di Jacopo Del Duca a S. Lucia, dove l’ingegnere pare fosse di casa: intorno al 1591 aveva infatti progettato la Cattedrale e offerto una consulenza per l’acquedotto civico.

La presenza di Del Duca a S. Lucia nel 1596, quattro anni dopo l’avvio del cantiere della Cattedrale, rafforza dunque l’ipotesi secondo la quale, almeno nelle prime fasi, sarebbe stato attuato il progetto dell’allievo di Michelangelo, poi snaturato verisimilmente dalla morte dello stesso ingegnere nel 1600 e dalle continue carenze di fondi che rallentavano non poco l’innalzamento dell’edificio religioso.

Resta da chiarire chi abbia portato a compimento l’opera, visto che la memoria che attribuiva la paternità progettuale della Cattedrale a Vincenzo Feriati risulta sempre più infondata. Non solo perché fa risalire erroneamente l’avvio del cantiere al 1607, ma anche perché, sulla base di recenti indagini archivistiche condotte dallo scrivente a proposito del vicino Palazzo Vescovile, sembra che l’anonimo redattore della stessa memoria - compilata intorno all’inizio dell’Ottocento tra gli ultimi fogli (f. 103) di una più antica “Giuliana della Cattedrale” e rinvenuta da mons. Salvatore Cambria nel 1935 - abbia fatto confusione col contratto d’appalto del Palazzo Vescovile, stipulato in notar Fulco l’1 dicembre 1607; palazzo costruito proprio da mastro Vincenzo Feriati. Risulta difatti improbabile che lo stesso appaltatore abbia stipulato 12 giorni dopo, presso il medesimo notaio, un altro contratto d’appalto per la fabbrica della Cattedrale, i cui lavori peraltro non ebbero inizio nel 1607, come riportato nella memoria, bensì verso il 1592.

Atto di elezione di esperto fatto per Tommaso Paolillo, Giovanni Filippo Pagano, Proccuradori delle fabriche, collo intervento di mastro Giacomo lo Duca Ingegniere messinese, presente, e pelli magnifici Tommaso Patti, Vincenzo Flaccomio e Giovanni Guglielmo di Amico Giurati di questa, fatto in persona di mastro Carlo di Arcangelo mastro di scolpire pietre, et ut dicitur scarpellatore e pirriatore per vedere e stimare tutte le pietre di qualsivoglia spezie; e come per atti sudetti sotto li 11 Febrajo 1596 del bastardello dell’anno 1585 e 1586 [refuso, 1595 e 1596, ndr] al foglio 389 [Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Giuliana Parisi, notaio Coletta la Mendolia, vol. II, f. 228 r]






 La «memoria cavata da monumenti antichi» nella trascrizione di mons. Cambria (Il Servo di Dio Mons. Antonio Franco, Palermo 1977, pag. 67).

mercoledì 14 novembre 2012

La concessione edilizia rilasciata dal Comune per la costruzione del Palazzo Vescovile (1607)




Risale all’agosto 1607 la concessione edilizia rilasciata dai giurati (gli amministratori comunali del tempo) al fine di fabbricare il Palazzo Vescovile. Beneficiario del provvedimento fu mons. Simone Rao, il Cappellano Maggiore del Regno di Sicilia che ottenne per sé e per i suoi successori il diritto di costruire l’edificio, previo pagamento di un canone annuale (4 tarì) da corrispondere in perpetuo al Comune di S. Lucia.

Il terreno oggetto di concessione era ubicato in località « Piazza» (Platea nel documento, ghiàzza per dirla coi Luciesi) o «Fonte dell’Acqua». Il provvedimento, finalizzato alla costruzione di un grande fabbricato («domum magnam») e rilasciato in presenza e col consenso di undici cittadini appositamente convocati dai giurati, impegnava mons. Rao a costruire anche la strada dove sorgeva la casa di Giuseppe Longo, in città soprannominato Faciòla.

L’esecuzione dei lavori, come si evince da un’annotazione riportata nella Giuliana Parisi (tomo VI, notaio Fulco, ff. 302 r e v), fu affidata all’appaltatore Vincenzo Feriati di Novara di Sicilia, col quale il Rao stipulò apposito contratto il primo dicembre 1607, tre mesi dopo la data della concessione edilizia. Non sappiamo chi sia stato il progettista dello storico edificio, forse lo stesso mastro Vincenzo, il quale verisimilmente era parente dell’altro Feriati, Filippo, che nel 1615 disegnò il prospetto dell’edificio ormai terminato.


Di seguito la trascrizione del documento d'archivio (un affettuoso ringraziamento al prof. Franco Biviano per la preziosissima consulenza, attraverso la quale è stato possibile decifrare alcuni termini oscuri allo scrivente).

Die 27 augusti V Ind. 1607

Magnifici Iohannes Dominicus Crisafius Iohannes Andreas Trovatus et Franciscus Flaccomius iurati universitatis S.te Lucie presentes cogniti etc. atendentes ad comodum et decoro universitatis preditte terre vi presentis et omni meliori modo etc. concesserunt et concedunt Reverendissimo domino don Simoni Rao regio maiori cappellano terra preditte presenti *** S.te Lucie locum sive spacium terreni vacui existentes [sic per "existentis"] intus dittam terram ut dicitur della acqua platea ditte terre incipiendo silicet della cantonera dovi al presenti è lo botisco della acqua a corda tirata di alto a baxio inseme con lo piano della strata collaterali a ditto botisco con patto tamen che detto Reverendissimo don di Rao sia obligato fari la strata dovi è al presenti la casa di Gioseppi Longo alias faxiola ad effectum frabicandi domum magniam pro comodo ditti Reverendissimi domini don Simonis Rao et eius successorum cum onere solvendi ditte universitati tarenos quatuor singulo anno in perpetuum a qua [sic per "ad quam"] concessionem devenerunt cum consensu et voluntate infrascrittorum civium et adiunctorum congregatorum presentium et congnitorum *** silicet Marius Antoninus Carrozza Vincenctius Flaccomi don Antoninus Puleio Iacobus Sibilla Antoninus Gregorius Domicius Iohannes Marie Stefanus Stravoticari Antoninus Pagano quondam Iohannes Andre Ioseph Longo Philippus Liporino et Constantinus de Paula laudantium et consencienctium promittentes ipsi Iurati Iuratorjis nominibus locum ipsum defendere ab omni molestia etc. unde etc. Iure proprietatis et omni alio meliori modo etc. [Archivio Storico comunale S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, 1606/10 vol. 1, f. 308r]






lunedì 12 novembre 2012

L’infinito cantiere della Cattedrale: mezzo secolo di lavori (1592-1642)






Due ulteriori deliberazioni del consiglio comunale, adottate rispettivamente nel 1616 e nel 1622, documentano quanto siano stati travagliati i lavori di costruzione della Cattedrale. Un travaglio connesso alla penuria di finanziamenti, segno evidente che l’introito della gabella imposta sulle sete nel 1588, proprio per favorire i lavori di ampliamento della vecchia matrice, venne ad un certo punto distratto a favore di altre necessità cui doveva far fronte il bilancio comunale. Ne conseguì un notevole rallentamento dei lavori in cantiere, tanto che nel 1622 erano ormai trascorsi «piò di trenta anni» dalla posa della prima pietra senza che si fosse giunti al completamento dei lavori medesimi, tutt’altro che a buon punto se vent’anni dopo (1642) si provvedeva ancora al trasporto di una delle 12 colonne delle navate. 

Un cantiere durato mezzo secolo e forse più, anche se il riferimento temporale di cui sopra (più di trent’anni) risulta errato: i lavori iniziarono infatti non prima del 1592. A causare tanta lungaggine gli storni di fondi a favore di altre priorità: uno di tali storni, risalente al 1611 e registrato negli Atti dei Giurati, è attestato anche dallo storico luciese mons. Salvatore Cambria nella sua opera - pubblicata nel 1977 - incentrata sul Beato Antonio Franco.

Lungaggini che causarono non pochi disagi ai fedeli, i quali partecipavano alle funzioni in un vero e proprio cantiere aperto. Nel 1622 le messe si celebravano in una Cattedrale che si «retrova[va] in parte dirupata, di manera che con molta scommodità si celebra[va]no li offitij divini». Una chiesa che tuttavia «in parte» era agibile, tanto da potersi suonare persino l’organo: mandati di pagamento documentano infatti, tanto nel 1615 quanto nel 1622, le retribuzioni periodiche al soggetto preposto a «dare il vento all’organo della matrici ecclesia», ossia ad azionarne il mantice (cfr. Corte Giuratoria, 1613/18 vol. 2, f. 537v e 1621/26 vol. 1, f. 23r). Lo stesso organo che nel 1633, come ricordato in precedenza, sarebbe stato gravemente danneggiato da una giornata di forte vento, complice il mancato completamento delle opere murarie, visto che la Cattedrale - così si legge in un mandato di pagamento emesso il 27 febbraio di quell’anno - era ancora “smorata”. Dalle ricerche d’archivio è emerso inoltre che nel marzo 1621 la tribuna della Cattedrale era ancora sprovvista di coperture, ragion per cui fu necessario dotarla di una copertura lignea provvisoria.




Le ricerche d’archivio non hanno invece svelato nulla su quel mastro Vincenzo Ferriato citato nella poco attendibile memoria rinvenuta nel 1935 da mons. Cambria ed annotata tra i fogli della «Giuliana della Cattedrale», manoscritto oggi custodito nell’archivio della Curia (Palazzo Vescovile). Di lui sappiamo che nel dicembre 1607 si aggiudicò i lavori di edificazione del Palazzo Vescovile. Ne fa fede questa annotazione leggibile al tomo VI della Giuliana Parisi (notaio Fulco, ff. 302 r e v):

«Fabrica di questo Palazzo Abaziale fatta da mastro Vincenzo Feriati della Terra della Novara, a commissione del Reverendissimo D. Simone // Rao Prelato in questa vedila per atti suddetti sotto il primo xbre VI Ind. 1607 al foglio 186 del registro minute dell’anno 1607 e 1608».

L’appaltatore appena citato non va confuso con il «mastro fabbricatore» Filippo Ferriato (o Feriati), autore del disegno redatto nel 1615 e raffigurante il prospetto dello stesso Palazzo Vescovile. Quel mastro Filippo, che nel febbraio 1616 si aggiudicò la gara d’appalto, esperita con il metodo di estinzione delle candele vergini, relativa ad un lotto dei lavori di costruzione del nuovo edificio carcerario, prevalendo su mastro Girolamo Bartuccio, impegnato nel 1622 nei lavori di manutenzione del civico acquedotto (cfr. Corte Giuratoria, 1621/26 vol. 1, f. 82r). Nuovo edificio carcerario che venne innalzato in sostituzione del vecchio, abbattuto intorno al 1609 per far posto alla costruenda Cattedrale, la quale occupò anche l’area su cui prima si innalzava la casa sprovvista di tetto di Paolo Guidotto. Ne fa fede questa annotazione leggibile nella Giuliana Parisi, da cui si evince che tale casa venne acquistata nel 1594 coi proventi della gabella della seta, destinati proprio alla fabbrica della Matrice (Archivio Storico S. Lucia del Mela, notaio Coletta La Mendolia, vol. 2 bastardelli, anno 1594, n. 3309, f. 219):

«Vendizione - Paolo Guidotto colla promessa de ratho per sua moglie, e figli, in publico vendette a questa Magior Chiesa, sotto titolo di S.ta Lucia, e per essa a Pietro Pagano come Procuratore della medesima un casaleno nuovo, senza tetto, posto in questa nella contrada della Piazza, seu Fonte dell’Acqua, quello istesso che il medesimo di Guidotto comprò da Bartolomeo e Mariano Milone, dierum pel prezo di onze 33 ex patto etc.; quali doveansi dette onze 33 soddisfare da Ottavio Carroza come gabelloto della gabella della seta, colla promessa della difesa, ed per atti sudetti sotto li 3 detto al foglio 19 retro».

Tornando a mastro Filippo Feriati, lo ritroviamo ancora in attività nel nuovo carcere nell’agosto 1622 in due occasioni: per la stima di un muro di confine tra lo stesso carcere e la casa di Biagio Milazzo e per una copertura eseguita per riparare i prigionieri dalle piogge (cfr. Corte Giuratoria, 1621/26 vol. 1, ff. 64v - 82v e 83r). Nel 1624 si aggiudicò invece l’appalto per i lavori di costruzione della «Venerabile Chiesa di S. Filippo». Eccone la notizia, registrata al terzo tomo della Giuliana Parisi (notaio Lombardo, f. 550r):

«Liberazione (aggiudicazione, ndr) delle fabriche della Venerabile Chiesa di S. Filippo, territorio di questa, liberata da questo Regio Segreto Dr. D. Rocco Antonio Stilo in persona di Mastro Filippo Feriati, vedi per atti suddetti sotto li 10 marzo VII Ind. 1624 al foglio 402 del Bastardello dell’anno 1623 e 1624».

Con la suddetta delibera del 1622 furono dunque destinati nuovi fondi alla costruzione della Cattedrale. In verità si trattò di poche decine di onze, frutto delle sanzioni (ancora da introitare) comminate in passato ai giurati dall’autorità superiore («maestro giurato») per alcune irregolarità commesse nel corso del mandato. Una delibera che riproponeva sostanzialmente il contenuto di altra adottata il 4 aprile 1616, ma probabilmente rimasta lettera morta.


Fonti archivistiche:

Die 4 aprilis 14 Ind. 1616

Preposta di consiglio fanno li magnifici Marco Antonio Pagano Francesco Carrozza Antonino Pagano et Vincenzo Andrea Trovato giurati di questa città di S.ta Lucia promulgato prius bando per loca solita et consueta ditta Civitatis qualiter pro Hyeronimum Aliberto publicum preconem

La chiamata di voi altri gintilhomini et honorati citatini è stata perché dalli procuratore della maggiore ecclesia di questa Università havendone fatto piò volte istanza che l’havessimo dato alcuna elemosina per possere fabricare detta ecclesia et non havendo possuto da per noi dare la sudetta elemosina senza haver licencia di Sua Eccellenza et Real Patrimonio supplichiamo perciò Sua Eccellenza et Real Patrimonio che essendo // la suddetta ecclesia disfatta si incomenzao di novo a fabricare et ingrandire et per non havere havuto il dinaro necessario non si ha possuto finire detta fabbrica il che chiaramente si vedi del che ottenimo lettere di Sua Eccellenza che si congreghi consiglio et si *** la detta necessità perciò procenderni conforme a detti lettere recognoxendo la necessità di detta ecclesia per essere incapace che nelli giorni di festi la maggior parte del populo non entra in detta ecclesia nelle messe sollenne per non essere capace et anco per non restare la detta fabrica infinita havemo congregato li VV. SS. et honorati citatini che supra ciò diano il suo voto et parere.

Don Paulo Pagano Sindaco et procuratore di essa città dice che per essere la maggiore ecclesia di questa Università Cappella Regia et cossì disfatta et havendosi a piò tempo incomenzato la fabrica di detta ecclesia per la incapacità che tene che chiaramente *** *** in questa quadragesima prossima passata per lo piò il populo di questa Università per non essere capace la detta ecclesia ha restato di non sentire li predichj et officij divini et perciò per dare fine alla detta fabrica incomenzata et per ampliare la sudetta ecclesia cossì per decoro del culto divino come anco per salute delle anime di questa Università tanto piò essendo cappella di Sua Maestà dice che per hora sinci diano li debiti che deve havere essa Università delle intaulaturi et condenni fatti per li mastri giurati insino al presente quali // sonno alla somma di onze 78.27.16 delli infrascritti personi videlicet (…).

Eodem
Fuit conclusum supra dittum colloquium cum voto et parere don Pauli Pagano sindaci [Archivio Storico comunale S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, 1613/18 vol. 2, ff. 446v e segg.]


Die 20 novembris 6a Ind. 1622

Consiglio detempto per li spettabili Francesco Cucuzza Thomaso Campagna et Antonino Pagano giurati di questa Città di S.ta Lucia promulgato prius banno per loca solita et consueta ditta civitatis qualiter (?) Hieronimus Aliberto publicum preconem unde.

Imperochè la maggiore ecclesia di questa Città Cappella Regia per essere angusta et incapace di genti per la antiquità che è stata fatta ad effetto di haversi ad ingrandire si incomenzao ad fabricare a piò di anni trenta in qua et hoggi non può proseguire detta fabrica e si retrova in parte dirupata di manera che con molto scommodità si celebrano li offitij divini et per tal causa la maggiore parte delli populi lasciano intendire li officij divini et essendo detta matrici ecclesia povera che a soi dispesi non è // possibile fabbricarsi essendosi necessaria di molta somma di dinari per la fabrica di detta ecclesia reconoscendo li giurati nostri predecessori tali evidenti necessità supplicano Sua Altezza Serenissima et Real Patrimonio se li dassiro pro modo per agiuto di detta fabrica li debiti di condenni di malo expensione di giurati di questa città che pro tempore sonno stati condennati dalli mastri giurati insino al presente per servitio del culto et per potere li citatini andare in quella et vedere li offitij divini et fu per Sua Altezza Serenissima et Real Patrimonio provisto che detenessimo consiglio et quello concluso lo trasmetteriamo per la confirma et per renderni conforme a detti lettere havemo fatto congregare loro et honorati citatini che supra ciò ne diano lo suo voto e parere.

Gioseppi Monforti sindaco et procuratore di detta Città dice che per essere la detta maggiore ecclesia cossì incapace angusta et disfatta et per essere poverissima essendo di gran necessità haversi ad ingrandire per potere le populi intendire li offici divini come anco per decoro del culto divino sinci diano pro modo ditti li debiti che si devono a questa Città dependenti di condenni fatti a giurati di mala expensione insino al presente et anco du altri debiti *** *** uno di onze 22 quali dovea lo quondam Petro Monastra olim collettore e per non havere dato plegeria foro condannati a pagarlo li giurati de quel tempo et altro debito del quondam Mario Cassisi olim gabelloto di onze 20 del quale anno ni foro condennati li giurati per non havere fatto dare plegeria et che per la exigenza // di detti debiti habbia cura lo procuratore della fabrica della maggiore eclesia et essendo don Santoro di Paula procuratore di detta fabrica quali è al presente li dinari che si exigeranno *** in suo potere et si spendano pro mano sua con polesa delli giurati che sarranno pro tempore per la fabrica di detta ecclesia et non per altra causa et ni vedano lo conto essi spettabili giurati et casu che detto don Santoro fosse remosso da procuratore o per altra causa non amministrasse piò detta procura che li giurati che sarranno in quel tempo eligano persona sufficiente a loro ben vista allo quali si habbiano di depositari li dinari di detti debiti et espendersi come di sopra et questo è lu suo voto et parere.

Eodem
(…) Fuit conclusum supra dittum colloquium cum voto et parere Ioseph Monforti sindaci nemine discrepante [Archivio Storico comunale S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, 1621/26 vol. 1, ff. 229r e segg.]


Die 14 eiusdem [febbraio 14 Ind. 1616, ndr]

Li magnifici Marco Antonio Pagano Antonino Pagano et Vincenzo Andrea Trovato mettino alla candela li frabici delli carcerij li mastrij tantum con haverli ad finire fra mesi due da contarsi di hoggi inante non mancando però per atratto con lo atratto in pede et li damusi si habbiano di stimare lo vacante per *** con relaxarle la terza parte conforme stimano nella città di Messina et lo intaglio et assettatura et stima  promulgato prius bando per loca solita et consueta de *** qualiter (?) pro Sebastaianum Povia publicum preconem unde.

Lo stato a tarì dieci la canna per la Università, onze 0.10.
Fuit extinta candela nemine dicente.

Eodem

Fuit accensa candela et posita ad statum tarenom undecis singula canna, onze 0. 11.
Fuit exinta candela nemina dicenti.

Eodem

Fuit iterum accensa candela et posita ad statum tarenos duodecim singula canna, onze 0. 12.
mastro Filippo Feriato offerisce onze 0.11.19
mastro Geronimo Bartuchio offerisce onze 0.11.18
mastro Giulio di Mastro Petro offerisce onze 0.11.17
mastro Geronimo Bartuchio offerisce onze 0.11.16
mastro Filippo Feriato offerisce onze 0.11.15
Fuit extinta candela supra ditto de Feriato ultimo et minori offerenti [Archivio Storico comunale S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, 1613/18 vol. 2, f. 445r]

Die 22 augusti V Ind. 1622

(…)  pagati unzi quindici a mastro Filippo Feriato mastro frabicatori quali ci li damo per la frabica di canni dechi et palmi quatro fatti nelli carceri di essa città ad effetto di potersi coprire stante che li poveri carcerati non ci ponno habitare per la quantità di acqua che pioviano (?) in detti carceri et anco per poteri morare lo carcerario per la fortificatione et guardia di essi (…) [Archivio Storico comunale S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, 1621/26 vol. 1, ff. 82r e 82v]

Stima da parte di mastro Filippo Feriato di un muro della casa di D. Biagio Milazzo:

Die 29 augusti V Ind. 1622

(…) per lo prezzo di canni 5 et palmi quatro di muro per havere apogiato in quello la frabica delli carceri di essa città et servi per mediante della sua casa [di Biagio Milazzo, ndr] et ditta carceri (…) [Archivio Storico comunale S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, 1621/26 vol. 1, f. 64v]


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lunedì 5 novembre 2012

Il fascino di quegli antichi “giacàti” ancora esistenti nelle strade luciesi



Ultimamente coi ciottoli hanno pavimentato la stradina principale entro la cittadella fortificata di Milazzo. Un’iniziativa, quella della Sovrintendenza di Messina durante i recenti interventi di manutenzione straordinaria, pienamente conforme alla storia ed all’identità dei luoghi. A S. Lucia del Mela gli antichi acciottolati («giacàti») lungo le strade pubbliche abbondano ancora. Bisognerebbe semplicemente recuperarli, liberandoli dal sottile strato di cemento che da qualche decennio li occulta beneficamente, visto che proprio tale strato cementizio li ha di fatto preservati da ulteriori sgretolamenti. Se ne vedono ancora, contornati da soglie in pietra da taglio, lungo il vico Cappuccini, in piazza Bando ed in diverse stradelle poste ai piedi della Cattedrale, alle pendici della «piazza» per dirla con i Luciesi. Come l’odierna via Gesù e Maria, che un documento risalente al settembre 1669 additava come la strada maestra che conduceva alla Cattedrale, ragione questa che spingeva gli amministratori comunali del tempo a provvedere ad una pavimentazione («ingacàto») affidata ai mastri Domenico Catalfamo e Francesco Lo Strascio, quegli stessi «mastri giacatore» ai quali il Comune aveva commissionato la pavimentazione della stradella posta dirimpetto la chiesa della Candelora: in data 3 settembre 1669 ricevevano infatti quattro onze «per havere fatto lo giacato in ante la ecclesia della Candilora» (Archivio Storico Comunale S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1665-69, f. 826v).

 Antico giacàtu nel vico Cappuccini

Verisimilmente fu proprio lungo la via Gesù e Maria che sul finire del 1642 venne trasportata una colonna della Cattedrale. Il trasporto, eseguito con tutta probabilità per mezzo di un lungo carro trainato da diverse coppie di buoi, richiedette la previa manutenzione di alcune strade ed è attestato da un mandato di pagamento recentemente rinvenuto dall’amico nonchè restauratore Santo Arizzi presso l’Archivio Storico comunale. Un documento che fa sorgere non pochi dubbi circa la fine del cantiere di costruzione della stessa Cattedrale, fine sino ad oggi pacificamente datata al 1642, anno in cui però la Cattedrale doveva essere ancora un cantiere aperto se si collocava una colonna tra le navate.   

 Alcune delle 12 colonne della Cattedrale


«Thesoriero pagati a mastro Francesco Lo Strascio et mastro Dominico Catalfamo onzi quattro et tarì 12 le quali se li pagano per havere fatto l’ingacato sopra la strata di Gesù Maria cioè per loro mastria manoali homini per aggiustare la strata pure portata di fari calci rina et altri quale per essere strata mastra che va alla piazza e che non si poteva passare fu necessario farsi detta spesa conforme a voi costa, dicemo onze 4.12

Nicolao Angelo Carrozza g[iura]to
Antonio Trovato g[iura]to
Paolo Fulci g[iura]to
d. Valeriano Gratia dep[uta]to
Antonino Zirilli dep[uta]to
de Pagano Sindaco

extat confessio in Zirilli die tertio mense 7bre 8 Ind. 1669» [Archivio Storico Comunale S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1665-69, f. 826v].




«Die 20 ottobris XIa Ind. 1642

Thesoriero di questa città di S.ta Lucia del denaro pervenuto et da perveniri in vostro potere per conto di essa città pagate tarì dieci et otto al Reverendo C. Santoro di Paula procuratore della Cattedrale ecclesia di questa città quali si li pagano per conza delli strati per portare la colonna di detta ecclesia che altrimente non potria caminari detta colonna et per essere fatti boni in vostri conti da essa recuperireti atto publico di confessione, dicemo onze 18.

Nicola La Mendolia g[iura]to
Antonio Trovato g[iura]to
Bartholomeo Pagano g[iura]to
Honofrio Patti g[iura]to
Francesco Cocuzza d[eputa]to
dr. don Vincenzo Puleio d[eputa]to
Paulo Cucuzza d[eputa]to

Die 24 Xbris XI Ind. 1642
Extat confesio in actis de Lombardo die quo supra». [Archivio Storico Comunale S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1638-43 vol. 3, f. 642v].

Apprezzabile riproposizione del tipico acciottolato 
in una scalinata ai piedi della Cattedrale

mercoledì 24 ottobre 2012

L’economia luciese alla fine del Cinquecento: quando le sete gregge prodotte a S. Lucia venivano imbarcate sui velieri diretti a Genova.




La seta fu dal Cinquecento all’Ottocento una delle colonne portanti dell’economia luciese, basata anche e soprattutto sulla produzione olearia ed in parte su quella vinicola. E probabilmente fu tale anche nel Medioevo, anche se allo stato attuale delle ricerche non vi sono fonti che possano attestare una massiccia diffusione della coltivazione dei gelsi, dell’allevamento del baco da seta e della conseguente produzione serica in epoca antecedente l’età moderna.

Che la produzione di sete gregge fosse assai fiorente sul finire del Cinquecento emerge senza alcun dubbio da una nutrita serie d’incartamenti custodita presso l’Archivio Storico comunale. Si tratta della controversia legale sorta tra l’organo periferico dell’amministrazione finanziaria statale, il baiulo di S. Lucia, ed un mercante genovese, Sebastiano Oliva Cattaneo, che nel marzo 1580 aveva incaricato un intermediario luciese, il maestro falegname Conforto Nocito, al fine d’incettare nel territorio comunale della stessa S. Lucia un imponente quantitativo di sete gregge.  Il Nocito venne coadiuvato a sua volta da Girolamo Patti, che trasportò sino a Messina l’imponente partita acquistata nelle alture luciesi, ben 1.711 libbre (pari a circa mezza tonnellata) di «sita cruda di manganello», un prodotto semilavorato pazientemente estratto dai bozzoli impiegando  un rudimentale ordigno rotante, il manganello appunto, che permetteva di ricavare un prodotto già portato ad una fase di iniziale finitura. Seta greggia, dunque, che giunta alla fiera di Messina, era l’agosto del 1580, fu presto imbarcata in quel porto sulle galere in partenza alla volta di Genova, previa stipula di apposita polizza (“securtà”) destinata ad assicurare l’intero carico.

Dall’interessante documentazione emerge dunque un fiorente commercio di esportazione verso i mercati genovesi, i quali assorbivano già da tempo la seta greggia prodotta dai Luciesi. Ne fa fede una dichiarazione redatta da Giovanni Battista Crisafi, baiulo di S. Lucia, il quale era in grado di provare che i mercanti  «genuisi haveri sempri pagatu in quista terra» i diritti doganali ogni qual volta procedevano all’acquisto di sete gregge, contrariamente a Sebastiano Oliva Cattaneo che invece si era sottratto al versamento doganale a favore dell’erario sulla base di un privilegio che lo esentava in quanto in possesso dello status di cittadino messinese, status - contestato tuttavia dal baiulo luciese - che appunto lo avrebbe esentato dal versamento di gabelle e diritti doganali, ivi inclusi quelli dovuti al baiulo Crisafi. Ne nacque un’aspra lite tra baiulo, da una parte, e mercante genovese, con lo status di cittadino messinese, dall’altra.  Una lite che in un primo tempo sembrò dare ragione al baiulo, il quale nelle more del giudizio pendente innanzi il Tribunale del Real Patrimonio incassò dal viceré Marco Antonio Colonna l’utile risultato di introitare comunque i diritti doganali prescindendo dall’applicazione di qualsivoglia esenzione.

L’Oliva Catteneo da parte sua non restò comunque a guardare e chiamò a testimoniare alcuni suoi colleghi genovesi. Come Domenico Donato e Francesco Rivarola, quest’ultimo divenuto anch’egli cittadino messinese. Il Rivarola peraltro citò, a sostegno delle ragioni dell’Oliva Cattaneo, la consuetudine che esentava dal versamento di diritti doganali le sete crude di manganello destinate ai mercati genovesi, sulla base di un «privilegio particolare» concesso dal sovrano alla «nazione genovese», consuetudine che avrebbe dovuto tagliare la testa al toro, superando i dubbi circa l’applicabilità o meno dello status di cittadino messinese dell’Oliva Cattaneo, ma che nel contempo cozzava con i diritti doganali versati in passato da altri mercanti genovesi e regolarmente incassati dal baiulo di S. Lucia.

Purtroppo la lacunosità delle fonti non consente di conoscere l’esito della controversia (ancora in corso nel 1581), che conferma ancora una volta lo stretto legame esistente tra il mercato genovese e le sete prodotte nel Messinese, un legame lungo e duraturo evidenziato da pregevoli saggi pubblicati anche negli ultimi decenni. E conferma altresì l’importanza della produzione delle sete gregge a S. Lucia, dove peraltro nel 1588 il consiglio comunale deliberò di finanziare il cantiere dell’odierna Cattedrale imponendo proprio una gabella di dieci grani per «per ogni libra di sita cruda di manganello». Importanza della produzione serica che viene ribadita da alcuni documenti risalenti al 1592, allorquando gli amministratori comunali lamentarono l’utilizzo improprio al di fuori del territorio comunale dell’acqua del «fiume grande», una circostanza che arrecava seri disagi ai Luciesi impegnati nella gelsicoltura, primo tra tutti la penuria di acqua per uso irriguo che non consentiva di «bevirare li celsi in molto detrimento delle gabelle regie maxime della seta che molto importa al servitio di Sua Maestà». Acqua del fiume che veniva altresì impiegata, oltre che per alimentare i diversi mulini ad acqua, per «uso de’ manganelli de uxiri sita et impiri cisterni» (cfr. Corte Giuratoria, vol. 3A 1590-1595, anno 1592, f. 138v).

Un commercio fiorente, quello delle sete crude di manganello prodotte nelle alture luciesi e destinate alle manifatture genovesi, che alla fine del Cinquecento si affiancava all’abbondante produzione vinicola (di cui rimane traccia nei numerosi provvedimenti consiliari con i quali veniva deliberato il calmiere per regolamentare le compravendite dei “vini mustali”) ed al più importante settore dell’economia di S. Lucia: l’olivicoltura. Ne fa fede un documento d’archivio del 1579, una lettera viceregia da cui emerge la pratica, diffusa tra gli agricoltori luciesi, di estirpare nelle zone boschive olivi selvatici per poi ripiantarli nei terreni agricoli, dove i contadini di S. Lucia li innestavano (“insitàvano”) con le usuali varietà fruttifere.


L’olivo e l’olivastro: il provvedimento viceregio del 1579

Philippus etc.
Nob. Regij Fideles diletti ni è stato supplicato da vostra parte et per noi in consiglio patrimoniale provisto del tenor sequente Illustrissimo et Excellentissimo Signor li magnifici giurati della terra di S.ta Lucia dicino a Vostra Excellenza qualmente l’arbitrio principale de decta terra fu et è de fare olivari per esser il territorio multo acto et innante la pragmatica li cittatini spiantavano olivastri salvagi nelli boschi et quelli portavano et piantavano in li loro possessione et doppo li insitavano e li redduciano in olivari domestici et stante la ditta pragmatica li cittatini per non si mectere in dubietà non fanno più detti arbitrij lo che è grandissimo interesse a detti cittatini et si bene detta pragmatica non comprehendesse questo a la mente del principe non fu ne è tale non di meno per levarse la detta dubietà supplicano Vostra Excellentia resti servita ordinare che si faccino lettere declaratorie che li detti cittatini et habitatori possiano spiantare detti olivastri selvagij da detti boschi et quelli piantare in detti loro possessioni reconosciuti prima per li magnifici Iurati che pro tempore sarranno in detta terra ut altissimus Panhormi xi° maij VII Ind. 1579 Fiant littere oportune Franciscus de Aurello magister not.s per executione de la quale nostra provisione declaramo et volimo chi li cittatini et habitatori di questa terra possiano liberamente absque *** *** spiantare et fare spiantare dalli boschi et terre inculte de questa terra olivastri selvagi ad effectu de piantarli in le terre cultivate et doppo insitarli per redducirli in olivari domestici con che prima faccino nota in l’atti dell’officio vostro della quantità de olivastri selvagi che spiantiranno et si oblighino quelli piantar seu far piantare in le terre cultivate et doppo insitarli seu farli insitare declarando li lochi d’onde li spiantano et dove l’haveranno a piantare ordinando per la presente a tutti et singuli officiali de quista terra et del regno presenti et futuri magiori et minori chi debbiano la presente observare et fare observare per quanto la gratia regia teneno chara et sutto pena di florini mille applicandi al regio fisco quelli a li quali si può imponere pena dat. Panhormi die XXIII° maij VII Ind. 1579.
Marco Antonio Colonna
[Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1B, f. 532r]


Da Santa Lucia a Genova: le sete crude di manganello

Philippus etc.
Spett. Regie Consiliarie dilette habbiamo ricevuto le lettere vostre di X° del presenti et inteso quanto scrivete de la essencione che pretende il magnifico Sebastiano Cattaneo in virtù di plegio di citadinanza di questa città et havendo considerato il danno notabile che viene a resoltare alli dritti delle dohane habbiamo commesso il negocio al Tribunale del Patrimonio che lo proveda de iustitia et pro *** ordinamo che voi fintanto che non vi sia da noi et del detto Tribunale altrimenti ordinato non debbiate a detto Cattaneo ammetterlo a franchezza alcuna per le robbe et mercancie che si immettino in questa città et exthraino di quella per cunto suo ma li farreti pagare li dritti del modo et forma come ha pagato per il passato facendo registrare la presenti in li atti di questa Regia Secrezia et dell’esequito ni darreti adviso dat. Panormi die 26 marcij VIII Ind. 1580
Marco Antonio Colonna
[Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1B, f. 655r]


Die primo settembris VIII Ind. 1580
Magnificus Franciscus Rivalora Ienuensis et habitat. et civis messanensis testis iuratus et interrogatus (…) dixit che ipso testimonio sa et ha visto di deci anni qua che li siti crudi di manganello che si extrahino di questa Città per la Città di Genoa su franchi di dohana et non pagano altro che la caxa et lo novo imposto di dinari vinti per ogni cantaro di sita che si extrai (…) [Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1B, f. 673v]


Eodem [Die II settembris VIII Ind. 1580, ndr]
Magnificus Dominicus Donato mercator ianuensis messane commorans testis iuratus et interrogatus supra *** *** dixit che isso testimonio sa come scrivano et che *** *** magnifico Sebastiano Oliva per *** che tutta la sita che mastro Conforto di Nucita comprao in la terra di S.ta Lucia in questo presenti anno fu accattata con li denari et di ordini di esso magnifico di Oliva et ditta sita si portao in questa Città di Messina con animo di exthrairsi si come si extraio et ibarcò per la cità di Genoa con li galeri (…). [Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1B, f. 674r]


Eodem [Die II settembris VIII Ind. 1580, ndr]
Magnificus Hieronimus de Pactis *** testis Iuratus et interrogatus super *** *** dixit qualmenti in questo misi di marzo proximo preterito lo magnifico Sebastiano Oliva volendo comprari certi siti in la terra di Sancta Lucia in lo presenti anno al suo tempo cercava alcuna persona fidata et habile et isso magnifico soprascritto testimonio ci invitao a mastro Conforto di Nucita et sopra la *** et plegeria di esso soprascritto testimonio li comprao libri 1.711 di sita cruda di manganello di detta terra di Sancta Lucia et per isso soprascritto testimonio ci la fici consignari in questa Città in la fera in questo misi di augusto le quali siti foro comprati de ordine et con li denari di esso magnifico di Oliva lo quali magnifico di Oliva è messinesi in virtù di suo privilegio di questa città et per questo ha gaudito li franchizi et preheminentij che gaudino tutti li altri messinisi di quello che ha visto et intiso isso magnifico testimonio et detto magnifico di Oliva dicia che detta seta la volia extraheri per la città di Genoa et ci la vitti imbarcari in fera con altri // siti soi li quali poi li dissi che si imbarcao con li galeri di Fiorenza sopra li quali siti ci fici la sicurtà per li atti di notar Iohanni Cenoni Casella (…) [Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1B, ff. 674v e 675r]


Lo magnifico Joan Battista Crisafi fa intendiri a Vostra Signoria qualmenti lo anno proximo passato si trovao baglio di questa terra in lo quali lo *** mastro Conforto Nichita comprao et fichi comprari multa quantità et summa di sita assendenti a la summa di libri milli et setti chento per nome et *** di lo magnifico Bastiano Cataneo et Oliva genuisi lo quali per *** genuisi et per una provista di la Excellentia Sua Panormi die 26 marcij VIII Ind. 1580 si ordina che il detto magnifico de Cataneo non sia admiso ad franchezza alcuna come chitatino di Missina ma pagassi il dritto sicome per ditta lettera a la quali in omnibus et per omnia *** relattio et per una fide fatta ad istantia de ipso exponenti data 30 de agusto Messane la quale fa fede ed dona certezza indubitata che lo ditto magnifico de Oliva et Cataneo come genuisi paga la raggione di la reggia dohana lo che non pagano li missinisi si come potrà Vostra Signoria apertamenti videre per una fide die 19 augusti 1580 la quali si mandano a Vostra Signoria inclusi // in processo compilato infra ipso magnifico exponenti et lu *** mastro Conforto Nichita et per multi testimoni digni de fide pro ut in ipso processu claramenti si prova li genuisi haveri sempri pagatu in quista terra la raggione di la dohana havendo comprato seu fatto comprari sita operata in questa terra ad raxuni di grana XVIII per unza et accussi sempre si havi hobservato in questa terra et ad presens et de presente accussì e  in *** observantia si come in detto processu a lo quali in omnibus et singulis et per omnia *** relattio si divi condemnari lo ditto mastro Confortu Nichita et constringiri di pagari la raxuni di lo dritto di la duana ed ipso magnifico exponenti non obstanti li allegattioni *** di la parti adversa la quali si faza provari ex auditu auditus comme non pagato ditto de Cataneo et de *** lo che non fa fidi alcuna pro tu est (…) [Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1B, anno 1581, f. 633r e 633v]

Di seguito tre atti privi di precisa datazione, ma comunque riconducibili al 1580

(…) tutta quella sita cruda di manganello che accattao mastro Conforto di Nichita in la terra di Santa Lucia per lo anno presenti fu accattata con li denari et di ordini di lo magnifico Sebastiano Oliva et Cattaneo lu quali è missinisi et godi tutti li immunità franchizzi prerogativi et preheminentij che godino tutti li altri missinisi ultra (?) che supraditta sita si portao in la città di Messina con animo di extrahirsi per la città di Ienoa così come detto suprascrittu di Oliva quella sita propria che accattao detto mastro Conforto extrahio et mandao in detta città di Ienoa (…). [Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1B, f. 619v]


(…) è di consuetudini et antiqua observantia che quella sita la quali si compra in qualsivoglia parti del regno per qualsivoglia persuna et quilla poi si extrahi et manda in la città di Ienova ha stato cossì come è sempri franca di qualsivoglia raggione di gabella et dohana che fussi in detta terra o città undi si ha comprato et sempri si ha *** da detta terra et città senza pagare dritto di gabella alcuna (…). [Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1B, f. 620r]


Magnificus *** *** mercator ianuensis Messane commorans testis iuratus et interrogavit (…) dixit che di dudici anni in qua che ispo testimonio habita et commora in questa Città ha visto usari et pratticari che tutti li siti crudi di manganello li quali venino di qualsivoglia parti del regno in questa Città et qua si cumprano et si exthraino per genoisi per la città di Genoa su stati et su in questa Città franchi di dohana et questa ancora è privilegio particolari conceso per Sua Magestà alla nationi genoese  [Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 1B, f. 673r]


La penuria d’acqua minaccia i gelsi: la lettera “confirmatoria” del 1592
Illustrissimo et Eccellentissimo Signore.
Li Giorati e Sindaco della Città di S.ta Lucia dicino a Vostra Eccellenza che in esso territorio vi è una quantità di acqua chiamata lo fiume grande di essa Città quale è stato solito macinare li molini e li spandenti di essa si hanno venduto a diversi persone li quali hanno tirato l’acqua di detti spandenti fori il territorio di essa Città in detrimento delli populi li quali non si hanno possuto servire di detti spandenti et hanno mancato di bevirarsi li possessioni delli cittaddini e consequentemente si hanno venuto a diminuire li frutti che produciano detti possessioni et particularmenti per non si havere possuto bevirare li celsi in molto detrimento delle gabelle regie maxime della seta che molto importa al servitio di Sua Maestà (…). [Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Corte Giuratoria, vol. 3A 1590-1595, anno 1592, f. 140r]