di
FRANCO BIVIANO
Non ha bisogno di presentazione Franco Biviano, autorevole storico della Valle del Mela con una ricca produzione bibliografica alle spalle, frutto di certosine e pazienti ricerche d'archivio, come attesta peraltro la sua ultima fatica, Presente e passato di Gualtieri Sicaminò: il cammino di una comunità peloritana dalle origini ai nostri giorni (2012). Particolarmente abile nel ricostruire le vicende medievali del comprensorio del Mela, non ha esitato a dare il suo prezioso contributo all'Amministrazione comunale luciese nella meritoria opera di digitalizzazione dell'Archivio Storico comunale, dai cui antichi manoscritti ha estratto questa breve ma affascinante pagina di storia moderna - (mt)
L’archivio storico comunale di Santa Lucia del Mela, in corso di digitalizzazione, fornisce un piccolo contributo alla storia della schiavitù in Sicilia. Fra gli atti dei giurati è conservato, infatti, un documento che attesta la presenza di schiavi presso alcune famiglie luciesi benestanti tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, ma il fenomeno potrebbe interessare un periodo più ampio. Si tratta di un “rivelo” presentato alla corte giuratoria dell’università (corrispondente all’odierna amministrazione comunale) per ottemperare a una disposizione del vicerè Pedro Giròn, duca di Ossuna, emanata il 9 gennaio 1612.
Le famiglie luciesi che il 30 gennaio di quello stesso anno
dichiararono di essere in possesso di schiavi furono soltanto sei, cioè quelle di Marco Antonio Carrozza, Ottavio Carrozza,
Giovanni Filippo Pagano, Michele Papa, don Antonino Puleio e Cola Filippo
Trovato. Il numero complessivo degli schiavi presenti nelle predette famiglie
era di otto, tutti di sesso maschile, la cui età variava dai sei ai venticinque
anni. Tre di loro erano nati nella stessa Santa Lucia fra il 1594 e il 1605,
segno che nel paese la prassi di tenere schiavi era presente già da tempo. Uno
era nato a Messina nel 1605. Dobbiamo
supporre che essi fossero battezzati, perché così prescriveva la legge
siciliana per gli schiavi nati nel regno. Gli altri quattro erano nati fuori
dall’Isola, uno nel Tucamin (uno stato che non sono riuscito a individuare) e
tre nel Burno (o Bornou), un regno dell’Africa Centrale, a sud-ovest del lago
Ciad, che praticava il commercio degli schiavi e li avviava ai mercati europei
attraverso la Libia. In Sicilia, gli schiavi bornesi venivano venduti nei
mercati di Scoglitti e di Augusta. Altri mercati di schiavi erano presenti a
Messina e Palermo. È probabile che a Santa Lucia gli schiavi venissero adibiti
ai servizi domestici o al lavoro dei campi.
La condizione dello schiavo era veramente miserevole. Egli
era considerato una vera e propria merce, veniva acquistato all’asta con
regolare contratto, diventava proprietà dell’acquirente, veniva marchiato a
fuoco e, se fuggiva, veniva ricondotto al suo proprietario. I figli dello schiavo, ovviamente,
appartenevano al padrone.
Fino al 1812, in Sicilia come altrove, la schiavitù era
considerata una condizione “normale”, regolata dalle leggi dello Stato, ammessa
e giustificata dalla Bibbia (dalla Genesi all’Epistola a Filemone) e dalla
Chiesa. L’unica raccomandazione era quella di trattare l’eventuale schiavo
cristiano “come un fratello” (cioè: niente frusta, niente ferite e amputazioni,
niente marchio sul volto). Anche le autorità ecclesiastiche non disdegnavano di
avere i loro schiavi. La legge schiavile siciliana risaliva a Federico III
d’Aragona, che la emanò nel 1310.
Di seguito il documento attestante la presenza di schiavi a S. Lucia nel 1612
Revelo di scavi fatto per li citatini / et habitaturi di
questa un(iversi)tà di S(an)ta / Lucia di ordine delli suoi giurati di / essa a
letteri di Sua E(ccellenza). et genera/li audituri dati in Palermo a 9 di / gennaro 1612 pre(se)ntati in questa
un(iversi)tà / a trenta di detto et sunt ditti revelanti / videlicet
In primis
Marco Antonio Carrozza teni dui scavi uno di anni / sidici
quale nacque in Tucamin [?] et lo altro di anni sei / quali nacque nella città
di Messina.
Don Antonino Puleiyo teni un scavo di anni dudici quali /
nacque in questa un(iversi)tà di S(an)ta Lucia.
Ottavio Carrozza teni un scavo di anni quattordici / quali
nacque in Burno.
Cola Ph(ilipp)o Trovato teni un scavo di anni sidici / quali
nacque in Burno.
Micheli Papa teni un scavo quali nacque in Bur/no di
anni vinti cinco.
Io(anni) Ph(ilipp)o Pagano teni dui scavi quali nacquiro /
in questa un(iversi)tà uno di anni dieci et sette et lo altro di anni sei.
(Archivio storico di Santa Lucia del Mela, Atti dei Giurati,
1610-1615, vol. 2, f. 281r)
N. B. Giovanni Filippo Pagano era il tesoriere dell’Università, mentre Ottavio Carrozza,
Antonino Puleio e Giovanni Filippo Pagano ne erano i giurati.
Un sentito grazie a nome di quegli storici che si sono impegnati in studi sulla schiavitù.
RispondiEliminaGiuseppe Restifo